Re:
Nell’era postcoloniale il senso di superiorità culturale dell’Europa fu alimentato dai nuovi Stati di polizia del Nord Africa e del Levante. Con queste dittature che tenevano i popoli prigionieri entro i loro sicuri confini - confini tracciati artificialmente dagli agenti coloniali europei - gli europei potevano fare la morale agli arabi sui diritti umani senza preoccuparsi che gli eventuali disordini causati da esperimenti di democrazia potessero provocare massicci fenomeni migratori. Proprio perché gli arabi non conoscevano i diritti umani gli europei si sentivano al contempo superiori e al sicuro.
La «spinta» del terrore
Ora l’Islam sta contribuendo a distruggere ciò che aveva contributo a creare. La geografia classica si sta riaffermando sotto la spinta delle forze del terrorismo e della migrazione che riunificano il bacino del Mediterraneo, Nord Africa e Oriente compresi, con l’Europa. Il continente in passato ha assorbito altri gruppi, certo. In effetti, l’Europa è stata spesso interessata da significative infiltrazioni di popoli dall’Est: nel Medioevo gli slavi e i magiari emigrarono in gran numero dalle zone interne dell’Eurasia verso l’Europa centrale e orientale. Ma quei popoli adottarono il cristianesimo e in seguito formarono comunità, dalla Polonia al Nord della Bulgaria, in grado di integrarsi, per quanto non senza spargimenti di sangue, nel nascente sistema statale europeo. Al pari dei lavoratori algerini emigrati in Francia e di quelli turchi e curdi arrivati in Germania durante la Guerra fredda, erano avanguardie più contenibili rispetto all’attuale fenomeno migratorio.
Oggi, centinaia di migliaia di musulmani che non hanno alcun desiderio di diventare cristiani si stanno riversando negli Stati europei, economicamente stagnanti, minacciandone la fragile pace sociale. Anche se le élite europee per decenni hanno usato la retorica idealista per negare la forza della religione e dell’etnia, sono stati proprio questi i collanti che hanno garantito la coesione interna degli Stati europei.
Intanto, la nuova immigrazione, provocata dalle guerre e dal collasso degli Stati, sta cancellando la distinzione tra i centri imperiali e le loro ex colonie. L’orientalismo, che faceva sì che una cultura si appropriasse di un’altra e la dominasse, sta lentamente evaporando in un mondo cosmopolita di interazioni e studi comparativi, come aveva intuito Said. L’Europa ha risposto ricostruendo artificialmente identità culturali e nazionali di estrema destra ed estrema sinistra, per contenere la minaccia portata dalla civiltà un tempo dominata.
Anche se l’idea della fine della storia - con tutte le sue dispute etniche e territoriali - si è rivelata una fantasia, questa constatazione non deve essere una scusa per rifugiarsi nel nazionalismo. La purezza culturale che l’Europa agita di fronte all’influsso dei rifugiati musulmani è semplicemente impossibile in un mondo di crescenti interazioni umane.
Restaurazione
L’«Occidente», se il termine significa qualcosa al di là della geografia, manifesta uno spirito liberale ancora più inclusivo. Così come nel XIX secolo non c’era una via di ritorno al feudalesimo, non c’è modo di tornare al nazionalismo, non senza contemplare il disastro. Come disse il grande intellettuale russo Alexander Herzen, «la storia non torna indietro... Tutte le restaurazioni, i ritorni sono sempre stati delle mascherate».
La domanda può anche essere posta così: cosa sostituirà Roma nel campo della civiltà? Perché anche se l’impero, come documenta Said, aveva di certo dei lati negativi, la sua grande abilità nel governo dei grandi spazi multietnici attorno al Mediterraneo assicurava una soluzione ormai scomparsa.
L’Europa ora deve trovare qualche altro modo di incorporare dinamicamente il mondo dell’Islam senza smarrire la sua adesione al sistema di diritto nato nel Nord Europa, un sistema che mette al vertice dell’agenda dei bisogni essenziali i diritti individuali. Se non riesce ad evolvere nella direzione dei valori universali, resteranno solo la demenza delle ideologie e i più biechi nazionalismi a riempire il vuoto. Questo segnerebbe la fine dell’ «Occidente» in Europa.
Traduzione di Carla Reschia