Caro Criztian, sai che ti dico? Che ne sta venendo fuori davvero un bel dialogo! Dialogo che, temo, dovremo diluire, in quanto il tempo non mi permette di essere così assiduo nel forum come in realtà vorrei. Ergo, ora tu puoi leggere la mia risposta, cui farà seguito la tua, presumibilmente nella stessa giornata. La mia ulteriore risposta non potrà però che avvenire nella giornata di domani pomeriggio (sperando di riuscire a trovare ancora un oretta libera...), perchè prima mi sarà impossibile. Può andarti bene? Mi auguro di si, dato che non stiamo certamente facendo (almeno nelle mie intenzioni) una gara biblico-pugilistica a cronometro, ma stiamo solamente edificandoci reciprocamente nella fede. Con questo in mente, converrà andare con ordine.
Il sostantivo greco “horama” significa letteralmente “visione, vista”, e viene dal verbo “horao”, che significa “vedere”. Riguardo a “horama”, ad esempio, nel greco classico Aristotele usa il sostantivo per indicare un “oggetto o un fenomeno visivo”. Biblicamente parlando, il sostantivo non sempre è usato per indicare qualcosa di realmente diverso da una pura “visione estatica”, come tu la definisci. Ad esempio, nella Septuaginta “horama” è usato in Isaia 30:10, dove il termine è riferito né più né meno che a profeti - veggenti, a cui veniva richiesto, a furor di popolo, di dire e vedere anche “cose ingannevoli”. Nel N.T. “horama” è usato ad esempio in Atti 9:11-12. Qui Gesù in visione dice al discepolo Anania di andare da Saulo di Tarso perchè lo stesso “sta pregando e ha visto in visione un uomo di nome Anania entrare e imporgli le mani perchè riacquisti la vista”. Ora, ti chiedo: nella visione di Saulo, Anania era realmente lì? Mi resta difficile crederlo, dato che lo stesso Anania era vivo e vegeto, e non ancora in possesso di un “corpo pneumatico”! Possiamo vedere anche Atti 10:17, 19, dove “horama” è riferito alla visione che ebbe l' apostolo Pietro. Quale? Quella descritta in Atti 10:11-16. Ora, dobbiamo pensare che davvero possa esistere realmente, proveniente dai reami celesti, “un recipiente che discendeva come una grande tovaglia, calata a terra per i quattro capi, dove c' era ogni sorta di quadrupedi e rettili della terra e uccelli del cielo”, insomma, un ben di Dio da mangiare per Pietro? O piuttosto, questa visione non simbolizza qualcosa? Mi sembra chiaro che si debba propendere per la seconda ipotesi, e infatti, al versetto 10, viene specificato che Pietro “fu rapito in estasi”. Insomma, non si può dire, come fai tu, riferendoti alla trasfigurazione del Signore, che “non ci sono altre possibilità. In realtà bastava vedere che il resoconto era un accadimento storico reale (???) e non di una visione come quella di Gv.”. Ad esempio, tu dici che le persone coinvolte nell' episodio della trasfigurazione del signore “interagiscono”, ed è vero. Ma uno studio accurato della visione di Gv. in Rivelazione/Apocalisse ti aiuterà ad essere meno drastico nei giudizi. Ad esempio, in Rivelazione/Apocalisse 7:13-14 uno degli “anziani” spiega all' apostolo chi sono quelli della grande folla che ha avuto il privilegio di vedere (Rivelazione/Apocalisse 7:9-10). Quindi qui Gv. “interagisce” con l' “anziano” in questione. Ma si tratta di una visione reale, del momento, contingente, o “estatica”, come tu la definisci? Propenderei per la seconda ipotesi, visto che in Rivelazione/Apocalisse 1:10 viene detto, come giustamente traduce la cattolicissima Bibbia di Gerusalemme, che Gv. fu “rapito in estasi” nel Giorno del Signore, ergo, si trovò “per ispirazione” nel Giorno del Signore (cioè nel “Giorno del Giudizio”, a nostro parere). Infatti, in Rivelazione/Apocalisse 1:10 viene detto che Gv. “egenomên EN PNEUMATI en têi kuriakêi hêmerai” (“Fui in spirito in il Giorno del Signore”). La stessa espressione “EN PNEUMATI” viene usata anche da Gesù in Matteo 22:43, dove la stessa cattolicissima Bibbia di Gerusalemme legge: “Come mai allora Davide, sotto ispirazione, lo chiama Signore, dicendo.........”. Insomma, Gv. si trovò sotto ispirazione divina nel futuro giorno del giudizio, raccontò di fatti che sarebbero accaduti in futuro (confronta Rivelazione/Apocalisse 1:1,3), e interagì con uno dei “24 anziani” citati in Rivelazione/Apocalisse 4:4 che, a nostro parere, simbolizzano i futuri re e sacerdoti coregnanti con Cristo in cielo, di cui si parla nello stesso libro di Rivelazione/Apocalisse, tra cui vi sarà lo stesso Gv. (una volta morto e risorto in cielo, alla parousia di Cristo). Infatti, in Rivelazione/Apocalisse 3:21 Gesù promette: “A chi vince concederò di sedere con me sul trono”, per regnare e avere autorità sulle nazioni (confronta Rivelazione/Apocalisse 2:25-27). Intronizzazione celeste di Cristo che sarebbe avvenuta solo in futuro, al suono della settima tromba (Rivelazione/Apocalisse 11:15,17 ; 12:10). Ergo, colui col quale Gv. interagì nella visione di Rivelazione/Apocalisse 7:13-14 era, a mio modestissimo parere, un rappresentante futuro di una classe di cristiani unti coeredi di Cristo, che sarebbero stati risorti solo alla parousia di Cristo che, al tempo in cui Gv. scrisse il libro di Rivelazione/Apocalisse, non era ancora avvenuta. E questo ci porta al nocciolo della questione. In tutto l' A.T. non si può inferire IN ALCUN PUNTO che coloro che muoiono vadano immediatamente a vivere in qualche maniera (con un “anima immortale” o con un “corpo pneumatico”) in un reame celeste in maniera cosciente, ma che altresì, nello stesso contesto veterotestamentario, la morte appare solo come un sonno incosciente, in una discesa nello Sceol, in cui il defunto non è conscio di nulla, va in un luogo dove non c' è né conoscenza, né sapienza, né ragione, dove non c' è neppure ricordo o menzione di Dio (e mi sembra davvero puerile citare le Scritture al riguardo, che dovresti conoscere a menadito,Criztian), ma altresì, si parla di una risurrezione alla fine dei giorni, o dei tempi, basta leggere Daniele 12:1-2, 13. Quando avvengono, dunque, le risurrezioni? Solo alla parousia di Cristo, e solo in quel modo e in quel momento. E qui il N.T. ci viene ampiamente in aiuto. Paolo affronta questo problema nella prima lettera ai Tessalonicesi in cui spiega che i “santi”, “addormentati” e viventi, saranno uniti con Cristo, non alla morte, ma alla sua “parousia”: “Prima risusciteranno i morti in Cristo; poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo rapiti insieme con loro, sulle nuvole, a incontrare il Signore nell' aria; e così saremo sempre con il Signore” (1 Tessalonicesi 4:16-17). Il “così” (“houtos”) si riferisce alla maniera o al modo in cui i “santi” saranno con Cristo, cioè non per la morte, ma per la risurrezione o la trasformazione alla sua parousia. La parola “così” (“houtos”) significa “in questo modo”. Posto all' inizio della frase ne enfatizza il senso: “Questa è la maniera con cui saremo sempre con il Signore; quindi non esiste altro modo per stare con il Signore fino al giorno della risurrezione”. Converrà esaminare attentamente anche il versetto 14 di 1 Tessalonicesi, capitolo 4: dal testo greco “Se infatti crediamo che Gesù morì e risuscitò così (“houtos”) anche Dio i dormienti per mezzo di Gesù condurrà con Lui”. Quindi anche qui la Scrittura è chiara: come Gesù morì e risuscitò, così (“houtos”) , “in questo modo” accadrà anche a noi! Come Cristo, saremo anche noi risorti. Qui si fa riferimento, in base a ciò che noi testimoni di Geova crediamo (col supporto di validissime argomentazioni bibliche, credimi) ai santi coeredi di Cristo, coloro che regneranno con lui in cielo (confronta 2 Timoteo 2:12). Prima della parousia di Cristo, dove saranno i santi coeredi di Cristo? Da nessuna parte, e ciò è chiarissimo da 1 Corinti 15:16-23. Esaminiamo i versetti 17 e 18 che prendo direttamente dal testo greco: 1 Corinti 15:17-18 “(versetto 17) “se però Cristo non è risorto inutile la fede di voi ancora siete in i peccati di voi”) “(versetto 18) quindi anche gli addormentati in Cristo sono periti”. “Quod si Christus non resurréxit, vana est fides vestra; adhuc enim estis in peccàtis vestris; ergo et qui dormiérunt in Christo periérunt”, legge la Vulgata.
Senza la risurrezione di Cristo, perfino i fedeli discepoli addormentati in lui sono “periti” per sempre, “perduti” (1 Corinti 15:18), visto che nel versetto precedente (il versetto 17), Paolo dice che senza la medesima risurrezione di Cristo tutti noi siamo ancora nei peccati. Quindi, la morte non è un passaggio ad un' altra vita in un' aldilà, altrimenti gli “addormentati in Cristo” non sarebbero “periti” , “perduti”, ma in qualche modo vivrebbero (continuerebbero a vivere) con Cristo, comunque al cospetto di Dio, con la loro anima immortale, vivi e coscienti in un' altra forma di vita, o esistenza, e certamente non “addormentati”, termine che sarebbe fuori luogo. Un esistenza immortale di beatitudine celeste. Ma Paolo dice che sono “periti” , morti per sempre, perduti! Ma di chi si sta parlando? Il versetto 23 chiarisce che si sta parlando “di quelli di Cristo alla sua parousia”. Le risurrezione avverranno nel seguente ordine: prima Cristo, la primizia e il principio, il primogenito dai risorti da morte, poi i fedeli santi che regneranno con lui, cioè i fedeli cristiani generati dallo spirito (Gv. 3:3-8). Essi avranno “qualcosa di migliore” rispetto ai patriarchi e ai santi profeti dell' antichità (come Elia e Mosè), vedasi Ebrei 11:39-40. Che cos' è questo “qualcosa di migliore”? E' la risurrezione celeste, nel regno di Dio. Essi saranno “re e sacerdoti e regneranno [dal cielo] sulla terra” (Rivelazione/Apocalisse 5:9-10), sulla nuova terra paradisiaca di cui il paese di Canaan, il paese dove “scorre latte e miele” era solo una prefigurazione. L' A.T. ci fornisce delle splendide “pennellate” di questo nuovo paradiso terrestre (si pensi a Isaia 11: 1-10 ; 65: 17-25, ma ci sarebbero molti, molti altri passi da citare). Abraamo, i patriarchi e i profeti dell' antichità vivranno per sempre “nel paese di Canaan”, cioè nel nuovo paradiso terrestre, basta leggere Genesi 17:8 e Genesi 13:15. Tu dici che “tutti gli ebrei sapevano che Enoc ed Elia erano saliti al cielo”, ma questo non è vero. Gli ebrei credevano che Elia sarebbe tornato dal cielo (Malachia 4:5-6), ma gli ebrei sapevano anche che le risurrezioni sarebbero avvenute alla “fine dei giorni”, vale a dire alla fine dei tempi, leggasi Daniele 12:1-2, 13. Inoltre, noi cristiani dobbiamo forse considerare reale l' intendimento ebraico su Elia, e non piuttosto quello fornitoci da Gesù in Matteo 17:10-13? La conclusione, a mio parere, caro Criztian, è una sola: la trasfigurazione del Signore fu solamente una visione, e con essa un' anticipazione della gloria del regno di Dio (confronta Luca 9:27). Mosè ed Elia, nella visione, simbolizzano qualcosa di assolutamente preciso, e passi come Rivelazione/Apocalisse 11:1-6 (confronta Numeri 16:31-34; 1 Re 17:1; 2 Re 1:9-12) tolgono davvero (almeno a me) ogni dubbio al riguardo. Naturalmente, ci sarebbero molti altri passi da citare a questo scopo.
Ora, tu potresti chiedermi: ma qual' è allora il reale significato della trasfigurazione del Signore? Beh, se ora mi metto a parlare di questo, il mio post diverrebbe chilometrico, e poi Admin, giustamente, si arrabbierebbe. Quindi, ti spiegherò che cosa simbolizza realmente la trasfigurazione del Signore solamente se me lo chiederai, e solamente per parlare di quello, s' intende. Attendo, quindi, un tuo input in merito. Due parole su Gv. 3:13. Innanzitutto la versione che tu hai citato non è, a mio modestissimo avviso, accettabile, in quanto, a detta dei maggiori critici testuali, la lezione breve è preferibile, perchè attestata da molte delle più antiche testimonianze esterne. La lezione breve è la seguente: “ kai oudeis anabebêken eis ton ouranon ei mê ho ek tou ouranou katabas, ho huios tou anthrôpou”, cioè a dire: “E nessuno è salito al cielo se non lo da il cielo essente disceso, il Figlio dell' uomo”. La cattolicissima Bibbia di Gerusalemme (che ritengo un' ottima traduzione) accetta questa lezione e legge: “Eppure nessuno È MAI SALITO AL CIELO FUORCHE' IL FIGLIO DELL' UOMO CHE E' DISCESO DAL CIELO”. Non mi sento francamente di dire che la Bibbia di Gerusalemme sia proprio l' ultima......ruota del carro!
Il contesto a altre Scritture ci aiutano a capire. Qui Gesù sta già parlando profeticamente del suo sacrificio di riscatto e della successiva glorificazione (basta confrontare tutto il contesto di Gv. 3:12-18) ma, contemporaneamente, ci fa sapere che nessuno prima di lui (prima cioè della sua passione e risurrezione futura, di cui si parla) è salito al cielo. Ciò che viene detto di Davide in Atti 2:34 non ne è che la conferma. Il “cielo”, caro Criztian, non è altro che il vero tempio, il vero santuario (di cui quello terreno ne era solo una figura, una prefigurazione), si confrontino Ebrei 8:1-2 ; 9:23-24. Dove il sommo sacerdote “per sempre alla maniera di Melchisedec” sarebbe andato, insieme con i suoi 144.000 coeredi celesti. Per questo Paolo potè dire che prima di Cristo e della sua risurrezione, la via al santuario celeste non era ancora aperta PER NESSUNO! (confronta Ebrei 9:8 ; 10:19-20). E ciò vale, evidentemente, anche per Enoc, Mosè ed Elia. Poiché, con tutta la buona volontà, mi riesce particolarmente difficile pensare che Elia sia andato nel reame celeste e, dopo la sua ascensione nel turbine, Elia medesimo, a motivo della cattiva condotta seguita da Ieoram re di Giuda, potesse scrivergli una lettera che esprimeva la condanna di Geova, condanna che si adempie di lì a poco (2 Cronache 21:12-15)!
Termino qui il mio post, caro Criztian. Questa mattina ho trovato un' oretta di tempo libera e ne ho approfittato per risponderti. Ma oggi pomeriggio e stasera non avrò neppure mezzo secondo di tempo a disposizione, poiché sarò sempre impegnato.
Per cui, alla tua eventuale risposta, potrò dedicarmi solo domani pomeriggio (si spera, ovviamente!).
Stammi bene.
Ciao.