Qualche cenno ...
Ferdinando Urli nasce in Transilvania – a Steierdorf – da genitori friulani il 20 settembre 1893.
Studia teologia nel Seminario di Udine.
Prima è del Batt. Val Natisone , quindi è alla 42ª Compagnia del Batt. Aosta.
In un mese consegue una medaglia di bronzo, una d’argento e la promozione speciale da Sottotenente a Tenente; con la morte la medaglia d’oro.
Presente da Tolmino alla conca di Plezzo, compreso il Monte Nero, poi allo Stelvio, quindi all’Altissimo e sull’Adamello.
Dice di lui il tenente Bressani:
“Non era mica un alpino tarchiato, di quelli che ciccano, bevono molta grappa, e bestemmiano per complimento, e caricano su le spalle due pesanti affardellati per otto ore di marcia forzata. Viso pallido e occhi azzurri e malanconici; corpo gracile, lo studente, forse lo studioso, l’appassionato, forse il mistico … il prete??? Si, il prete! Nessuno lo superò in fegato; faceva girare la testa anche ai vecchi lupi de la montagna! Era fantasma? La sentinella, colta a la sprovvista, non lo riconosce, e gli spara a bruciapelo. Il rimprovero nel rapporto: ‘Ha sparato un caricatore senza colpire!’. Rapporto al tribunale di guerra perché ‘non uccideva l’ispezione a bruciapelo’. Solo i buoni uffici del Maggiore sventarono il novissimo processo. Ma che hai dovuto fare tu o sentinella, sfortunata nella tua fortuna?”
Da uno scritto di Ferdinando Urli che parla del Crozzon del Diavolo (quota 3.100), da lui conquistato con altri 10 uomini:
“Si stava in tane scavate nella neve; continuo pericolo per la tormenta. Per evitare l’assireramento dovevamo fare del moto, percuoterci, darci pugni, ungere piedi, mani e faccia con grassi speciali. Gli occhi irritati dal biancore de la neve (non ostante gli occhiali colorati) si facevano sanguigni e in continua lacrimazione con pericolo di congiuntiviti fulminee. La pelle scottata dai riflessi calorifici della neve e sotto l’azione dei raggi chimici che sovrabbondano in alta montagna, diventava nera, si screpolava, si essiccava, si levava a falde, a scaglie. Impossibile lavarsi o farsi la barba; non si mangiava che a secco.” (Comunicato del 15 maggio 1916).
Un altro scritto da Zugna Torta dove prende un trincerone con 4 mitragliatrici e parecchi lanciabombe:
“Mi offersi volontario per dare un assalto ad una ridotta nemica avanzata che proteggeva e sovrastava gli altri trinceramenti del vecchio forte austriaco di Mattassone. Riuscii a prenderla, entrando il primo in trincea, facendo arrendere molti prigionieri tran silvani.” (Comunicato del 27 giugno 1916)
Motivazione della Medaglia d'Oro:
"A capo di un energico manipolo di volontari, con mirabile ardimento si slanciava per primo nelle trincee nemiche, fugandone il presidio e catturandovi un numero di avversari cinque volte superiore a quello dei suoi soldati. Per trentasei ore dava continua, fulgida prova di coraggio, opponendo una ostinata resistenza ai sempre più violenti attacchi nemici. Circondato dall’avversario si rifiutava di arrendersi, seguitando coi pochi suoi superstiti a battersi con bombe a mano e colla baionetta, finchè, sopraffatto dal numero degli assalitori e colpito a morte, cadde eroicamente sul campo. Dente del Pasubio, 17- 19 ottobre 1916".