In Ucraina alla ricerca di staminali "miracolose"

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-Giona-
00giovedì 17 maggio 2007 12:53
www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2007/05_Maggio/17/kiev_traffico_embrioni...

Inchiesta sul mercato delle cellule: morti sospette e tombe profanate
A caccia di cellule embrionali
«Voglio far guarire mio figlio»

Continua il viaggio nel business delle terapie cellulari. A Kiev c'è una delle cliniche dove vanno i malati italiani


BONEFRO (Campobasso) - Il viaggio nel mito contemporaneo delle cellule staminali può cominciare dove meno te l'aspetti. Da Bonefro, provincia di Campobasso, ad esempio. A pochi chilometri da qui ci fu la tragedia di San Giuliano di Puglia, con il terremoto che fece crollare la scuola elementare sulla testa dei bambini. Ma per la signora Carmela Di Biase il dramma arrivò tre anni prima, quando suo figlio Gabriele aveva appena 14 mesi e una notte rotolò dal lettino. «Distrofia muscolare di Duchenne» fu la sentenza. È una malattia degenerativa devastante. La morte arriva attorno ai 25 anni. Piangere non basta e la speranza per Carmela è venuta dall'Ucraina. «Abbiamo saputo di una clinica che a Kiev inietta cellule staminali embrionali in malati come Gabriele. Non me la sentivo di vederlo appassire. Abbiamo tentato». È servito a qualcosa? «Ora i suoi muscoli sono più morbidi, più elastici».

Ucraina, traffico
di feti in clinica.
I video
Ne è sicura, signora? I medici italiani contestano queste terapie. «Lo so benissimo. Sa quante porte in faccia abbiamo ricevuto? L'atteggiamento ostile, quasi terroristico, di chi ci dice che ci stiamo facendo prendere in giro, che siamo degli illusi. Oppure, ed è ancora peggio, chi neppure ci fa l'onore di un rimprovero. Medici che ci ignorano, che visitano Gabriele e via, senza una spiegazione, perché sanno di non poter guarire. A chi affidarsi? A chi dice che il mio bambino resterà per sempre sulla sedia a rotelle? Che morirà a vent'anni? Oppure a chi ci fa vedere dei progressi? In Ucraina ci hanno spiegato che Gabriele potrebbe farcela, potrebbe rimettersi in piedi. Non è sicuro, ma almeno ci stanno provando». E lei ci crede? «Credo a quel che vedo. Gabriele aveva dolori fortissimi alle articolazioni, tanto da non dormire. Dal primo trapianto di staminali non ne ha più. Lo avevano imbottito di cortisone e sembrava non potesse fare a meno di medicine per il cuore. Il professore ucraino, Smikodub si chiama, ha detto che non ne ha bisogno. Così abbiamo fatto e Gabriele sta bene. Anzi, grazie alle staminali, quest'inverno non si è neppure ammalato. Gli altri anni faceva una bronchite dietro l'altra. Qualcosa è cambiato e se ne sono accorti anche all'ultima visita di controllo all'Università di Napoli. Non gli abbiamo detto del trapianto di staminali perché sappiamo che sono contrari, ma l'hanno trovato così bene da ridurgli i farmaci. Guardi il protocollo terapeutico. Nel novembre 2005 gli avevano prescritto 25 gocce di cortisone, un anno dopo solo dieci. Secondo loro non si guarisce da questa malattia. Allora come ha fatto Gabriele a migliorare?».
Ha ragione il premier ucraino Viktor Yanukovich: il traffico di embrioni umani esiste non solo perché qualcuno è tanto spregiudicato da ingannare le donne incinte e distruggere nuove vite. Esiste anche perché qualcun altro chiede e compra a caro prezzo quella sorta di medicina vivente che si produce dalle cellule di feti, embrioni e neonati. L'inchiesta pubblicata lunedì dal Corriere della Sera ha scoperchiato un fenomeno criminale orrendo. Si parla di almeno 200 bimbi scomparsi, ma potrebbero essere migliaia. Risucchiati dal business delle terapie cellulari. Succede in Ucraina, ma il filo che parte da Kiev arriva anche in Italia. Ignari del traffico che sta dietro alcune cliniche, sono centinaia i malati italiani che hanno tentato di curarsi in Ucraina, Cina, Perù, Messico. C'è un incredibile ricchissimo mondo sommerso che ruota attorno all'idea delle cellule di scorta e alla speranza che offrono a malati altrimenti incurabili. La mamma di Gabriele paga 20 mila euro a viaggio per «curare» il piccolo in Ucraina. Fanno 40 mila l'anno. C'è chi si è ridotto sul lastrico, chi si è venduto la casa per tentare la via delle «cliniche delle staminali». C'è un baratro di incomprensione tra chi crede in queste terapie e chi le nega. Ma anche tra chi spera e chi ricerca. Tra profittatori e malati, tra scienziati e leggi che diventano legacci per i loro studi.

Lasciamo Bonefro per andare in via Garibaldi, nel centro di Bergamo, e bussare alla porta del laboratorio dottor Martino Introna. Il dottore ci scherza su. Lui, di formazione ematologo, nelle vesti del moderno cavaliere a caccia delle staminali del rimedio universale ci sta a disagio. Le potenzialità ci sarebbero. La prima «fabbrica di cellule» pubblica d'Italia anche, bella e pronta, all'interno dell'ospedale Riuniti di Bergamo. Solo che Introna non può ancora «allevare» le staminali perché la legge gli impone una serie di controlli («compreso il tipo di straccio per la polvere») che stanno scritti in cinque faldoni alti una spanna ciascuno. «È dal 2003 che tento di adeguarmi a quelle norme, ma non ce l'ho ancora fatta. Siamo un laboratorio e la legge pretende da noi gli stessi standard di una multinazionale farmaceutica. Per me è frustrante, per i malati un'occasione sprecata, ma in fondo è un conforto sapere che qualcuno veglia sulla nostra salute. Sapere che in Italia non ci si improvvisa guaritori e venditori di illusioni».

Dottore, è pronto a cambiare idea? Guardi il sito della clinica ucraina in cui tenta di curarsi il piccolo Gabriele. Il ricercatore scrolla le pagine sul computer, legge, trasecola. «Ma questi curano tutto: il Parkinson, l'Alzheimer, la sclerosi multipla, la leucemia, i sarcomi, il diabete, le ulcere, la cirrosi, niente meno che l'Aids e, ovviamente, l'impotenza e già che ci sono pure la frigidità. Sono pazzi oppure imbroglioni belli e buoni. È scandaloso, che una cosa del genere sia permessa. Danno informazioni vaghe, da manuale di liceo. Fosse vero, anche solo un decimo di quel che dicono...». C'è un numero di telefono toscano sul sito della clinica ucraina e conoscendo una malata di sclerosi disposta a registrare e a riferire tutto, è semplice fissare un appuntamento con la dottoressa Fiamma Ferraro, rappresentante italiana della clinica ucraina. La dottoressa riceve ogni settimana a Siena, a Roma e a Firenze dove dà consulenze sulle terapie cellulari ucraine in uno studio di dentisti. Tra le sue specialità, elencate sulla targa appesa in sala d'aspetto, anche le «intolleranze alimentari», l'«agopuntura» e la «laserterapia». Con queste competenze, la dottoressa dispensa suggerimenti che vanno in direzione diametralmente opposta a quella del dottor Introna. La parcella è di cento euro. «Ho buone notizie per lei - esordisce l'agopunturista - il professor Smikodub ha accettato di trattarla. Ci tengo però che lei sappia cosa fanno queste cellule perché circola talmente tanta non informazione che non ci si capisce più niente. C'è chi dice che fanno miracoli e chi dice che non fanno niente. La verità è una via di mezzo. Miracoli nel senso vero della parola no, danno però alla malattia un tampone importante. Questo di per sé potrebbe già essere visto come un piccolo miracolo. La decisione resta sua perché si tratta di trattamenti costosi».

Quanti italiani ha già mandato a curarsi in Ucraina? «In due anni, mi faccia pensare, direi una cinquantina». Ci sono pubblicazioni scientifiche sui risultati ottenuti? «Le posso mandare la lista degli ultimi congressi medici a cui hanno partecipato». Ho visto, ma si tratta solo di riassuntini di venti righe, abstract li chiamano. «I criteri di selezione per questi congressi sono rigorosissimi. Lei non è medico e non può sapere. Vengono presentati migliaia e migliaia di abstract e ne vengono selezionati pochissimi». Falso, la dottoressa approfitta dell'ingenuità della paziente, ma fa nulla, il peggio deve ancora venire. «Sì, c'è il riconoscimento dalla comunità scientifica - dice la dottoressa -. Servono statistiche per approvare questi abstract e se una commissione seria decide di ammetterlo vuole dire che l'ha valutato».

In fondo è tutta qui la questione. La corrispondente italiana della clinica di Kiev se la cava con imprecisioni e bugie belle e buone. Ma la questione resta decisiva. Se a dispetto dello scetticismo, delle cautele e delle lentezze della scienza ufficiale, ci sono dei miglioramenti, allora vuole dire che, in qualche modo, le terapie cellulari funzionano e che, quindi, la domanda aumenterà sempre di più e con essa la rete clandestina di raccolta con tutti i crimini connessi. È un problema da affrontare per tempo. Il direttore del Centro nazionale trapianti, Alessandro Nanni Costa, fa un interessante paragone: «Nel campo delle cellule staminali oggi siamo come eravamo quarant'anni fa nei trapianti di organi. Tutti sapevano che era teoricamente possibile, ma solo Christian Barnard in un Paese con leggi elastiche come era il Sudafrica riuscì a dimostrarlo».

Vuol dire che la frontiera della scienza delle staminali è in Ucraina, Cina, Perù, Barbados dove le cliniche delle staminali fanno pagare a caro prezzo fialette che non si sa neppure cosa contengano? «Lo escludo - è la risposta secca della neurologa Tiziana Mongini, presidente della Commissione medico-scientifica nazionale della Unione italiana lotta alla distrofia muscolare -. Tali pratiche non hanno alcun fondamento scientifico». Lo stesso dice il professor Silvio Garattini dell'Istituto «Mario Negri». Così come il luminare delle staminali in Italia, Giulio Cossu, che mette in guardia dal rischio tumore. L'elenco dei contrari è lunghissimo. Ma è altrettanto sterminato è quello di chi ci prova comunque. In segreto, quasi come fosse una vergogna. Attraverso un tam tam che parte dalle sale d'aspetto dei centri specializzati e invade Internet in un proliferare di siti dedicati ai malati. Siti che diventano diari, tribune, segnali di fumo ad altri malati in cerca di cure.

Tra questi c'è la signora Maria, moglie di un vetraio che si è ammalato di sclerosi laterale amiotrofica (Sla) e che per portarlo a Pechino ha affittato un aereo privato con un'équipe medica a bordo: 150 mila euro la prima volta, 100 mila la seconda. «Ma mio marito ha ricominciato a mangiare, ad avere la sensibilità del braccio. Come posso pensare ai soldi e non dargli questa chance?». Oppure Luca Barbolini, bolognese, anche lui pendolare per il padre malato di Sla con una clinica pechinese. «Fanno dei buchi nel cranio e iniettano staminali fetali dell'apparato olfattivo. Dopo il trattamento ci sono stati dei miglioramenti, anche se poi è rientrato tutto. Mi sembra che la gente vada fino là per guadagnare mesi di vita. È poi così sbagliato?».

Michele Paradiso, bergamasco, è furibondo con gli ospedali che abbandonano sua moglie malata. «Manca il rispetto verso chi lotta per sopravvivere. E allora sono andato a cercarmelo in Cina. Siamo tornati da un mese e mezzo e mia moglie ha reimparato a deglutire. È qualcosina, durerà poco magari, ma almeno non è morta». Anche Mario Melazzini è vittima della Sla. Però è anche medico e presidente dell'Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica. «Ne conosco a dozzine di malati che hanno fatto il viaggio della speranza a inseguire le staminali. Alcuni hanno anche sofferto e ne sono morti. Non ne hanno reali benefici, solo la sensazione che qualcuno si prenda finalmente cura di loro. I sedicenti professori che maneggiano staminali umane sono banditelli di bassa lega. Io capisco bene la disperazione di chi vuole crederci, ma se si devono spendere soldi lo si faccia per migliorare la qualità della vita che resta. Non per comprare un'illusione».
Andrea Nicastro
17 maggio 2007
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