parlando di film NON DI MASSA, consiglio a tutti voi...

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critique musical
00giovedì 8 gennaio 2004 20:23
ANGELI PERDUTI di Wong Kar Wai



(Addio ragazza-posacenere, fiocco di neve proibito, attenta a questo mondo terribile, occhio ai terremoti, addio agli addolorati, ai semafori, lo sai che ci manca, ci manca la sua foto – This Picture, Placebo)
È triste quando un film bello come questo non venga accolto, o meglio, non venga nemmeno lontanamente avvistato dal botteghino occidentale.
Si è abituati alle solite produzioni Hollywoodiane che, per carità, non è certamente da buttare, ma perché non provare qualcosa di nuovo, un’industria alternativa, meno conosciuta si, ma non necessariamente inferiore.
Il cinema orientale ha così tanto da offrire, così tanti Autori (con la A maiuscola) da scoprire e da amare.
Uno di questi grandi autori è senz’altro Wong Kar Wai, che con questa pellicola, un vero gioiello, dimostra tutto il suo tocco personalissimo nevrotico e quasi onirico che si risentirà anche nei suoi prossimi film quali Happy Together o HongKong Express.
Gli angeli perduti del titolo sono cinque giovani della metropoli di HongKong: Killer e Agent, due soci attratti l’uno dell’altra, che per problemi professionali sono costretti a ignorare i loro sentimenti , Punkie, una ragazza strana e quasi schizofrenica bisognosa di affetto, Ho, un muto che si cimenta a fare i lavori più strani di questo mondo, e Cherry, sempre alla ricerca del fidanzato che l’ha abbandonata.
Le vite dei cinque s’intrecciano , ognuno di loro è percosso dalla solitudine, dalla tristezza infinita in questa città, tra i neon notturni e il fumo delle sigarette, il fumo delle sigarette che non finisce più.
Infatti in questo film le sigarette sono quasi una cosa simbolica, rappresenta il malessere, il dolore interiore dei protagonisti, perché loro non possono condividere i loro sentimenti con nessuno ma solo con esso, il dragone, la sigaretta.
E più ci addentriamo fra le vicende del film, più sale la tristezza che si risente nell’atmosfera, una tristezza cupa, perché guardando questi ragazzi ci rendiamo conto di essere proprio come loro, di vivere in un mondo come la loro; e la loro tristezza ci fa tenerezza, una tenerezza molto toccante.
Alzi la mano chi non ha mai provato la solitudine, il bisogno di affetto come scopo di vita.
Ed è questa la magia del cinema orientale, un mondo così lontano dal nostro ma contemporaneamente così vicino.
I tratti di Wong Kar Wai sembrano trasportarci in un libro di Banana Yoshimoto , colpisce dritto al cuore, ed è talmente forte che non trovo più le parole per continuare.
Perché non trovo più le parole, voi vi chiederete.
Perché è proprio vero che davanti a un autentico capolavoro, le parole vengono a mancare.


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